Archivio della Categoria 'Esperienze'

Un’estate di scoperte ed avventure…nei dintorni di Settimo.

lunedì 10 ottobre 2016

In questa estate 2016 appena trascorsa, un gruppo di iscritti all’Unitre di Settimo Torinese si è dato appuntamento ogni mercoledì alle ore 8.30 ( a parte le prime due uscite pomeridiane) davanti alla sede di via Buonarroti per passeggiate in bicicletta nei dintorni di Settimo alla scoperta di luoghi interessanti e forse ormai poco noti.

Ai primi appuntamenti il gruppo era numeroso, poi pian piano si è assottigliato a causa delle partenze per le vacanze ma è sempre stato caratterizzato da un’atmosfera allegra, quasi complice, accomunati come si era tutti dal desiderio di rilassarsi e divertirsi.

Le passeggiate hanno avuto come meta dapprima i dintorni di Settimo: il lago Orestilla, il parco fluviale del Po,la strada Cebrosa, il Fornacino.

Sono, questi, luoghi a me cari perchè risvegliano i miei ricordi di bambina e di ragazzina, quando in compagnia di mio papà andavo a far visita la domenica ai miei nonni ed agli zii che abitavano in cascine ora scomparse nella zona della ex fonderia Lucchini.

Pian piano queste uscite in bici sono diventate più lunghe fino a raggiungere Borgaro, San Maurizio, San Francesco al Campo, Rivarossa sulla Vauda, San Raffaele sulla collina, attraverso percorsi tra campi coltivati e cascine antiche ristrutturate che restituivano un’impressione di cura e di amore verso una vita rurale un tempo sinonimo di povertà ed emarginazione.

Alcuni percorsi sono stati decisamente”avventurosi” come quello che ci ha portati alla grotta dell’eremita nella zona di San Raffaele Cimena o quello della risalita del rio Crivella fino alla cascata.

Altri ancora hanno avuto un’impronta storico-artistica come quando abbiamo raggiunto la Mandria di Chivasso, l’abbazia di Fruttuaria a San Benigno e l’ultimo. il più lungo, che ci ha portati al Mausoleo della Bela Rosin a Mirafiori.

Siamo anche stati fortunati perchè tutte queste passeggiate sono state rallegrate da un bel sole, da un cielo azzurro e da una brezza piacevole.

Solo la penultima è stata…bagnata ma ugualmente divertente: sotto la pioggia lo spirito bambino si libera, attratto da pozzanghere e fango!

Per me è stata un’esperienza deliziosa: ho ritrovato l’allegria e la vivacità di quella bambina che gli eventi della vita a volte oscurano e che si rivela quando mi sento al sicuro tra amici.

Con la fine dell’estate ripongo la bici in garage, pronta a rispolverarla con piacere all’inizio della prossima bella stagione per altri itinerari piacevoli ed interessanti in compagnia degli amici dell’Unitre.

Mariella Bellino

https://www.youtube.com/watch?v=CmYabR09yHM

domenica 10 febbraio 2013

https://www.youtube.com/watch?v=CmYabR09yHM

questo video ripreso per caso,montaggio con programma pro swow

Incontro sul blog

lunedì 17 dicembre 2012

Oggi alla biblioteca Archimede si è svolto un incontro per illustrare a  possibili blogger che interessati vogliono intraprendere questa attività.

Volare in mongolfiera

giovedì 18 ottobre 2012

 

aa 

Esperienza bellisima vedere la città dall’alto e tutto ciò che ci circonda  sul territori di Torino.

Grande Cenone per la Colombia

giovedì 7 maggio 2009

Il Gruppo Parrochiale GLI ALTRI SIAMO NOI e CISV      

 VI aspettiamo

.bn19_18-fbstreet-theatre-performance-in-the-plaza-de-bolivar-bogota-colombia-posters.jpg

SABATO 23 MAGGIO ALLE ORE 20 presso il Salone Parrocchiale SAN GIUSEPPE Artigiano per una cena il cui ricavato sarà devoluto tutto ad un proggetto CISV, d’insegnamento per l’agricoltura ,allevamento di bestiame da cortile e altro, tutto nell’ambito della fratellanza dei Popoli.Cosi facendo possiamo aiutare la realizzazione di questo progetto,per un futuro migliore di questo popolo, visto che sono delle comunità che hanno subito troppo angherie, da parte del governo e dei max media del loro territorio.Questa  è la gente di DABUA CALì una località sulle coste del pacifico,dove la terra che potrebbero coltivare per un futuro migliore è fertile, ma non sanno lavorarla.Un  gruppo di periti agrari,contadini e operai si offrono volontari per l’insegnamento alla coltivazione di questa terra.

Gruppodi operaie

popolo.jpg

Un bimbo che attende.

images.jpg.

Dubbi nucleari

domenica 1 marzo 2009

In seguito agli accordi nucleari tra Berlusconi e Sarkozy, mi son trovato in crisi, si, perchè ho scoperto di essere del tutto ignorante in materia di leggi, di come si governa l’Italia. Pensate quanto ingenuo io sono, ho sempre creduto che un referendum popolare avesse valore di legge e che tutti, governo compreso, fossero tenuti a rispettare la volontà del popolo, o quanto meno, passati parecchi anni e magari fossero mutate le condizioni che richiesero a suo tempo il referendum, si chiedesse al popolo se si possa soprassedere a tale vincolo. Invece no non deve essere così! In barba a tutti il presidente del consiglio si è presentato in televisione con il solito sorriso con già l’accordo firmato e senza aver risolto i gravi problemi conseguenti. Innanzitutto un manager, degno di questo titolo, si sarebbe prima dovuto preoccupare di trovare il sito per localizzare le centrali, cosa non facile, a meno che non scelga di farle nei parchi delle proprie ville, cosa che sicuramente non avverrà, poi altro problema mai risolto finora, lo smaltimento delle scorie radioattive, per non dire poi che le centrali dell’accordo con i francesi sono di terza generazione, cioè quando eventualmente entreranno in funzione saranno già tecnicamente obsolete. Altro errore l’alto costo, se si pensa che l’energia eolica attuale ha lo stesso prezzo. A questo punto ho il dubbio di essere alla mercè non di manager capaci ma di dilettanti, tranquilli, perché tanto sanno che anche se fanno errori, loro non li pagheranno ma sarà come sempre il popolino a pagare.

Ritorno al nucleare

venerdì 5 dicembre 2008

Ritorno al nucleare.
Certi benpensanti vogliono ritornare a costruire centrali nucleari in Italia. Per sostenere questa linea trovano molte motivazioni : siamo circondati da centrali nucleari dei paesi confinanti dunque il pericolo esiste ugualmente tanto vale che il pericolo sia italiano. Perché questi signori non chiedono a qualche ammalato di leucemia se fa differenza? In questi giorni si fa un gran parlare di prevenzione infortuni sul lavoro, ma lo sanno questi signori come si svolge la manutenzione nelle centrali nucleari? Per esperienza posso dirvi cosa succedeva in Italia nelle nostre centrali, non in quelle dei paesi dell’Est . Gli operai addetti, quelli per capirci che oggi porterebbero a casa 1200 € al mese, in certi interventi lavoravano alcuni minuti a rotazione esposti a dosi di radiazioni che si accumulavano fino al raggiungimento della dose limite personale dopodiché venivano trasferiti ad altri cantieri lontani da centrali nucleari, poiché per le radiazioni subite non c’erano, e non ci sono, antidoti.
Io farei una proposta ai politici che sostengono la necessità di passare al nucleare, pur mantenendo loro i lauti stipendi a cui sono abituati, di dare l’esempio : obbligatorio per Ministri e Parlamentari propensi al nucleare uno stage di tre mesi ogni 2 anni, non però negli uffici schermati, ma in manutenzione tra gli operai, visto che loro ritengono sicure le centrali di ultima generazione. Sicure, secondo i vecchi sostenitori del nucleare, lo erano già allora, ma quanti incidenti tenuti nascosti si sono verificati?
Avrei un’idea anche per il sito: Roma. Se ne potrebbero fare anche due tanto l’acqua nel Tevere c’è.
Altra motivazione per passare al nucleare : noi dipendiamo dal petrolio che purtroppo dobbiamo acquistare all’estero al prezzo imposto da chi lo detiene.
Che forse l’uranio lo troviamo nei Mercatini delle Pulci delle periferie italiane?
Anche il petrolio una volta costava poco, ma poi…
Per non parlare dei costi di costruzione.
Nell’azienda in cui ho lavorato per 20 anni, buona parte delle lavorazioni erano destinate al nucleare, per qualsiasi oggetto di questo settore per piccolo che fosse, doveva essere accompagnato da una montagna di “carta” come la definivamo noi, documenti che garantivano la qualità del prodotto, ma costosi, per non parlare del costo dei collaudi, ad ogni collaudo se pur banale, presenziavano sei o sette tecnici dell’ENEA, personaggi con stipendi non certo paragonabili a quelli degli operai.
Ma poi non si era fatto un referendum? La volontà della gente la si invoca solo quando fa comodo?
La sicurezza.
Ma chi può essere così presuntuoso di pensare che non potranno verificarsi incidenti? Solo chi non ha mai lavorato può esserlo. Chi vive in fabbrica sa che a volte si verificano incidenti imprevedibili che col senno del poi si sarebbero potuti evitare ma nel frattempo il guaio è fatto e poveraccio a chi è toccato.
La lungimiranza.
Dovrebbe essere la dote di uno statista, allora chi si ritiene tale risolva il problema dello smaltimento delle scorie radioattive prima di produrne altre, o passerà si alla storia non già per aver costruito un ponte faraonico ma per aver lasciato ai posteri tonnellate di scorie radioattive da stoccare per migliaia di anni prima che perdano la radioattività, in siti che nessuno vuole.
Nando

“ANZIANO”

giovedì 29 maggio 2008

Il giorno 9 Maggio , durante la Fiera del Libro di Torino,  mi è casualmente capitato di osservare una locandina promozionale,  in cui la presentazione del progetto relativo al Blog di Settimo,  “Settimocielo…”,  era saldamente legata ad una  parola….ANZIANI !!!!….

Subito mi sono detta: ma io non mi sento anziana !!!! Vero però, che conta anche come ti vede il prossimo.

Cercando la definizione di anziano sul Dizionario della Lingua Italiana ho trovato:

1)  persona di età intermedia tra  la maturità e la  vecchiaia.

2)  Persona con molti anni di servizio in una data azienda, ufficio; estens. pensionato.

…. Mi devo ricredere con queste definizioni sono anziana.

Consulto uno dei miei libri preferiti  ” La potenza del pensiero” di Swami Sivananda , pag. 36

APPLICAZIONE DI UNA LEGGE PSICOLOGICA  

Mantenete il cuore giovane. Non pensate mai: ” Io sto diventando vecchio”. Il pensiero ” io sono diventato vecchio” è una pessima abitudine da sradicare subito. Cercate di non avere mai questo pensiero.  A sessant’anni dite a voi stessi: ne ho sedici”. Diverrete quello che pensate. Affermando questo, si afferma una grande verità. Certissima ed evidentissima. Pensate: ” sono forte” e forte diventerete. Pensate:  “sono debole” e debole diventerete. Pensate: “sono pazzo” e pazzo diventerete.  Pensate “sono saggio” e saggio diventerete.

Ciao ragazzi !! Io opto per questa legge psicologica

Ringrazio la Biblioteca Multimediale di Settimo, tutte le persone che hanno fatto sì che questo blog nascesse, Pari-Go che ci ha seguiti, i blogger,  le autorità intervenute alla presentazione del blog e porgo una richiesta:

i corsi patrocinati dalla Regione Piemonte dedicati alle persone occupate e disoccupate, perchè non estenderli anche ai pensionati? Visti   i chiari di luna di questi tempi…. probabilmente dovranno rimettersi nel mondo del lavoro.

LA BIBLIOTECA “CESARE GASTI”

mercoledì 9 aprile 2008

ok.jpg

Si deve a Cesare Gasti, insegnante elementare dell’inizio del ‘900, la prima rudimentale formazione di una piccola biblioteca in una delle sedi scolastiche dislocate sul territorio di Settimo Torinese.
Nato a San Salvatore Monferrato, si trasferì ben presto a Settimo Torinese dove, sin dal 1896, potè svolgere l’attività di maestro elementare nelle classi di terza, quarta, quinta e sesta. Nel 1906 fu nominato direttore didattico e dal 1910 ricoprì la carica di ispettore scolastico. Morì a Settimo Torinese nel 1913, all’età di quarantadue anni.

Provando ad immaginare quali fossero le difficoltà dei primi anni del ‘900, dove esisteva prevalentemente una società contadina, in cui anche i bambini erano impegnati a contribuire all’andamento famigliare, e in cui la percentuale di analfabetismo era ancora molto elevata, ecco che la formazione di una biblioteca poteva certamente contribuire a divulgare un più grande desiderio di conoscenza, in quegli alunni che cercavano in essa la possibilità di migliorare le proprie condizioni di vita legate sia alla fatica fisica che all’espansione della mente.
Esisteva anche un’altra biblioteca sin dal 1909 nell’allora Società Operaia.

Si dovrà attendere il superamento di due guerre mondiali e la trasformazione dell’originaria società agricola in industriale, maturata grazie all’insediamento di numerose industrie in loco, quali: CEAT, FIAT, GIUSTINA, MONTECATINI, PIRELLI, L’OREAL, UNIVERSAL, le varie fabbriche produttrici di penne, ecc. prima di arrivare alla costituzione della Biblioteca Civica Settimese, istituita nel 1963 nei locali dell’ex forno pubblico di via Mazzini ed intitolata allo stesso Cesare Gasti, trasferita poi nel complesso scolastico di Via Buonarroti.

L’istituzione della Biblioteca, dedicata a Gasti, fu indubbiamente il frutto delle modifiche sociali ed istituzionali che proprio in quegli anni interessarono il territorio settimese: nel 1958, infatti, Settimo Torinese venne giuridicamente denominata “Città”, e proprio a seguito di tale nuova identità, la giunta comunale, cercò di dare maggior impulso alla cultura, rivolgendo le proprie attenzioni alla Biblioteca ed attivadosi nella ricerca di una nuova sede.

La nuova sede avrebbe dovuto essere un luogo di sperimentazione e di aggregazione culturale, prevedendo tra le sue attività anche l’organizzazione di convegni, conferenze, mostre, dibattiti: una serie di iniziative, quindi, che testimoniavano l’impegno di una neonata città in costante e crescente espansione.

Tra il 1959 ed il 1968, la città di Settimo dovette far fronte ad una crescita esponenziale dei suoi abitanti: da 18.000 passò a 36.000 cittadini, che crebbero ulteriormente nel 1971 fino a 43.000.

Il primo passo verso la nuova sede fu determinato dall’acquisto di un terreno per la costruzione della nuova struttura.

Nel Gennaio del 1966 ne fu commissionata la progettazione all’architetto Dario Berrino ed il 1° Ottobre del 1969 i Settimesi poterono accedere al nuovo edificio.
I lavori permisero di dare vita ad una struttura moderna, dotata al pian terreno anche di una ludoteca, di un’emeroteca, una sala di lettura e nel seminterrato vennero adibiti spazi per conferenze, dibattiti a scopo culturale e politico.
Ora dopo quasi quarant’anni, anche la biblioteca sente l’esigenza di rinnovarsi come spazi, tecnologia, confort: è in costruzione una una nuova biblioteca che sorgerà sempre a Settimo, in via Torino nella ex zona Paramatti che entrerà in servizio fra circa un anno.

Informazioni tratte da:
“La città Solidale. Per una storia dei servizi sociosanitari nell’area metropolitana torinese”
di Silvio Bertotto.

Parliamo di Romeni

domenica 25 novembre 2007

E’ di questi giorni la notizia che il Sindaco di Settimo ha dato casa a dei Rom romeni. Gente che nessuno vuole e di cui tutti diffidano.
Questo sentimento di avversione e timore verso i romeni è oggi assai diffuso tra la gente “normale” e, lo confesso, io stesso ogni tanto vengo preso da questo assillo. Certo, di primo acchito la decisione del sindaco sconcerta e indigna, ma poi qualcosa mi ha dato da pensare.
Una mia amica, romena di nascita, ma da tempo cittadina settimese, mi ha fatto leggere uno scritto sulla vita sua e dei suoi avi e in esso ho ritrovato la storia nostra di una volta e quella loro di adesso. E’ un pò lungo quel racconto, ma voglio proporvelo ugualmente.

Storia di emigranti
Nel lontano ‘800 l’Italia era molto povera e non c’era lavoro. Sui giornali comparivano inserzioni dove veniva richiesta mano d’opera per l’estero. Cercavano: contadini, muratori, scalpellini e via di seguito.
Tante famiglie, aiutate dallo stato, partivano per la destinazione prescelta.

I miei bisnonni andarono in Romania per lavorare nelle cave di granito, a fare gli scalpellini. Partirono da Belluno alla metà dell’ottocento, con i loro tre figli maschi, insieme a tante altre famiglie.
Arrivati in Romania li portarono ai piedi di una montagna dove c’erano delle lunghe file di case, tutte a un solo piano. Erano gli alloggiamenti provvisori per gli immigrati: una grande cucina e una grande camera da letto. Davanti alle case c’era una distesa di ettari ed ettari di terra libera, deserta ed incolta.

Le autorità di allora, prima che le famiglie prendessero possesso delle abitazioni, resero noto una particolarità della loro legge : chi voleva costruirsi una casa per proprio conto, perdeva la cittadinanza Italiana e diventava Romeno a tutti gli effetti.
Le famiglie si informarono subito sulle condizioni di vita in generale, sulla sicurezza del lavoro e alla fine parecchie decisero di mettere le radici lì.
I miei lo fecero e, con i primi guadagni, comprarono un appezzamento di terreno di qualche ettaro. Col tempo lo divisero tra i tre figli, che a loro volta fecero ognuno la loro casa, formando così tre grandi famiglie.

In una di queste nacque mia madre, romena, di nome Regina Elisabetta. Mio padre, nato a Torino da padre torinese e madre francese, emigrò anche lui alla fine della prima guerra mondiale, dopo aver letto un’inserzione sul giornale dove cercavano scalpellini per la Romania.
Da tutte le regioni d’Italia si presentarono un centinaio di ragazzi che partirono tutti insieme. Anche mio padre arrivò i questo piccolo e sperduto paese: dieci chilometri di foresta lo separava dalla Russia e quaranta chilometri dal Mar Nero. Lì conobbe mia madre e si sposarono. Nacquero cinque figli, io sono la quarta.

Gli uomini partivano per il lavoro alla cava al mattino, al buio e tornavano alla sera tardi, col buio, facendo a piedi diversi chilometri tra andata e ritorno.
La vita era molto dura per loro, ma molto dura era anche quella delle donne:(…..) . Avevamo la fortuna che per sopravvivere non ci mancava nulla. I soldi che guadagnavano gli uomini erano pochi e servivano soprattutto per la provvista di legna necessaria per tutto l’anno, per i sacchi di farina necessaria per fare il pane e la pasta, per la farina di mais per fare la polenta e tante altre cose utili di cui necessita una famigli numerosa.
Mia mamma lavorava sempre tanto: d’inverno ci faceva i vestitini e le pantofole, due paia per ciascuno, perché d’estate non aveva più tempo. Filava la lana delle pecore che aveva tosato e la preparava per l’inverno.

Io e le mie sorelle facevamo le calze per tutti. Ricordo che a sette anni anch’io avevo imparato a sferruzzare e man mano che crescevo imparavo a fare tutti i lavori, come i grandi. Non si stava mai in ozio.
Il lavoro però non ci pesava, noi ragazzi lo prendevamo come un gioco. D’inverno gli uomini, dato che non potevano lavorare in cava per il freddo e la neve, aiutavano le donne ad accudire gli animali, tagliavano la legna, andavano a caccia, sempre in gruppo, perché c’erano tanti lupi. (…..).

Tutte le donne avevano dai cinque ai dieci figli e noi bambini, messi al mondo uno dietro l’altro, si può dire che crescevamo da soli, mai un bacio o una carezza. Tante volte sentivo mia mamma pregare il Signore che ci aiutasse a crescere bene, e grazie a Dio siamo sempre stati tutti sani e robusti. La vita di noi ragazzi è sempre stata spensierata. Ricordo che io feci un’infanzia bellissima  fino ai dieci anni. Di sera e nelle giornate festive bambini e ragazzi giocavamo tutti insieme e ci divertivamo un mondo. Noi cugini eravamo in ventuno.(…..); era una festa continua, sempre tutti insieme.

I miei parenti e tantissime altre famiglie si comprarono un pezzo di terra e col tempo si costruirono le loro case, formando così una grande colonia italiana, pur essendo però tutti diventati romeni.
Sino all’anno scorso, se avessero dovuto venire in Italia, sarebbero stati extra comunitari. Oggi i miei parenti (e sono tanti), per trovarsi un lavoro, anche se mal pagato, sono tutti lontani dalle loro case, dalle loro famiglie, sono sparsi nelle grandi città, a centinaia e centinaia di chilometri di distanza. Per vedersi tra di loro passano anche anni, perché non hanno abbastanza soldi per pagarsi il viaggio.
Io sono una delle più fortunate, perché sono riuscita a venire in Italia.

Un giorno  mio padre maturò l’intento di tornare in Italia. Era già un po’ di tempo che sentiva la nostalgia della sua terra e la mancanza della sua famiglia d’origine. Mia madre, preoccupata, gli disse che se veramente aveva idea di partire, era meglio farlo subito, perché i suoi figli li voleva portare tutti via con sè. Mia sorella, quella più grande, aveva quindici anni e siccome lì molte ragazze si sposavano molto giovani, la mamma aveva paura che si trovasse il fidanzato e che poi non volesse più partire.
Così presero la decisione, fecero i documenti necessari e dopo un mese partimmo.
Arrivammo in Italia nel 1936, su una nave mercantile. Navigammo per un mese; il viaggio è stato lungo perché la nave ad ogni porto si fermava per scaricare e caricare le merci trasportate e da trasportare. Ci fermammo nei porti della Romania, Bulgaria, Turchia, Grecia e Italia. Oltre all’equipaggio c’eravamo solo noi a bordo, eravamo gli unici passeggeri. (….)
Arrivati a Venezia, prendemmo il treno per Torino, verso il paese natìo di mio padre e verso il cambiamento totale della nostra vita.
                  ——————————————
Questo è quanto ha scritto, il resto me lo ha solo accennato. Gli stenti e la miseria in cui hanno vissuto negli anni pre-bellici e bellici, li ho ancora potuti vedere nei suoi occhi, riviverli nella sua voce rotta mentre li raccontava.
Ora io non voglio fare il difensore d’ufficio dei romeni nè tantomeno dei Rom, ma questo racconto mi ha dato veramente da pensare, da fare dei confronti, degli accostamenti e delle domande.
I Romeni di allora accolsero i nostri meglio di quanto noi ora accogliamo loro? I nostri emigranti si comportarono meglio di quanto fanno loro ora?