Archivio della Categoria 'Ricordi'

I miei “Mi ricordo”. La bicicletta.

sabato 12 aprile 2008

 Ho deciso di riprendere ad annoiarvi un po’ con i miei ricordi di bambino. Dopo le estati al mare eccovi la mia prima bicicletta.

Sempre mio nonno, mi regalò la mia prima bicicletta. La comprò a Bordighera e se la caricò sul treno quando venne a trovarci a Torino.
Noi andammo ad aspettarlo alla stazione e non sapevamo della bicicletta, almeno io non lo sapevo, perciò immaginate la mia sorpresa e la mia gioia. Solo che  io non ci sapevo andare, così io e il nonno ce ne tornammo a casa a piedi, da Porta Nuova alla Barriera di Nizza, spingendola a mano.

Questa era una biciclettina adatta alle mie misure, avrò avuto otto anni, ma pesava come se il telaio fosse fatto di tubi pieni. Non era nuova, anzi era decisamente vecchiotta, color rosso ruggine, o forse era solo coperta di ruggine rossa. Sulla ruota davanti, non avendo evidentemente trovato un copertone della misura giusta, avevano montato il copertone di una ruota normale, tagliato, ridotto di diametro, con le estremità accavallate e cucite lateralmente con lo spago. Durante il tragitto dalla stazione a casa, spingendo e inciampando nei pedali, malgrado il “tum-tum” che faceva la ruota davanti quando saltava per la giunta del copertone e la fatica, io ero felice come una Pasqua.

Imparai piano piano ad andarci sopra. Il solo luogo decente per esercitarmi era però il marciapiede, perchè (ricordate?) la via era lastricata di ciottoli della misura variabile tra uova e mele.
Il marciapiede era in leggera discesa e finiva contro una siepe di ligustro che lo sbarrava completamente.

La parte più difficile era scendere dalla bicicletta senza cadere quando decidevo di fermarmi. La bicicletta non era grande, ma io ero più piccolo ancora di lei e i piedi arrivavano a malapena sui pedali.

Qualcuno mi disse che il sistema migliore per scendere era quello di frenare di botto e saltare giù dalla bici scavalcando il tubo.
E così feci! Solo che non tenni conto del fatto che il marciapiede era un po’ in discesa e che, dei freni, funzionava solo quello davanti. Risultato: arrivai alla fine del marciapiede un po’ troppo veloce, frenai con tutta la forza che avevo, la bicicletta si impennò sollevando la ruota posteriore e mi scaraventò dentro la siepe.
Nulla di rotto, se non il mio orgoglio! Anche perchè quel disgraziato che mi aveva consigliato quel metodo di fermata, si stava rotolando a terra sbellicandosi dalle risate.

Non mi arresi, naturalmente,.. ma questa è un’altra storia. Arrivederci.

Ricordi del 71-85″i miei”

sabato 29 marzo 2008

una squadra di pulcini Don Lorenzo

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Aurora calcio san Giuseppe Artigiano, così come descritto precedentemente, i ragazzi che facevano parte delle squadre calcio, si dividevano per età formando diverse squadre (pulcini i più piccoli da 7 a 10 anni ed erano composti di quattro squadre che giocavano fra loro “girone interno”. Quelli dai 10 anni ai 12 facevano parte della categoria primavera, composta di tre squadre iscritte al CSI che facevano il campionato con altre squadre sempre del CSI.  Vi erano anche altre due squadre iscritte alla FGC, allievi di 1°e 2° categoria, che giocavano il loro campionato. Tutto questo fino al 85-86 quando i ragazzi, chi per lavoro, per scuola o altri interessi, smettevano di giocare. Con l’arrivo del nuovo parroco, Don Luciano Fantin, si volle riorganizzare tutto e così che l’aurora cambiò nome in Sportg San Giuseppe Artigiano, tuttora sotto il patrocinio della chiesa e di Don Teresio. Come responsabile il sig Cavallari.

una squadra di 1°categoria FGC

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L’anniversario

martedì 11 marzo 2008

Ieri è stato l’anniversario del mio matrimonio, il 46° anniversario.

Non abbiamo fatti grandi festeggiamenti, solo una torta e una bottiglia in compagnia dei figli, nel dopo-cena.

Nessun regalo e nessun fiore da parte mia e vi racconto il perchè.
Bisogna risalire ai tempi del matrimonio… e del primo anniversario.

Il fatidico giorno delle nozze, il 10 Marzo 1962, il giorno dei Santissimi 40 Martiri.
Mi ricordo di quei santi perché in occasione, appunto, del nostro primo anniversario mi presentai a casa con un bel mazzo di rose rosse, come è d’uso, accompagnate da un bigliettino sul quale, con la mia più bella calligrafia, scrissi :

“Alla mia sposa perché si ricordi che è passato già un anno da quando quei poveri Santissimi Martiri da quaranta sono diventati quarantuno”.
Lei non gradì la dedica e neanche le rose, non capii il perché, ma per non commettere un secondo sbaglio mi ripromisi di non regalargliene più.

Capito il perchè? Comunque ne sono già passati 46 di anni, magari ne passassero ancora altrettanti.

I ricordi del 71 “i miei”

giovedì 6 marzo 2008

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Dopo aver dato il nome ai ragazzi che venivano ad iscriversi (I Ragazzi dell’Aurora) si dividevano per età e statura per non creare molta disparità tra di loro e quelli di borgo provinciale. Mi ricordo che nella primavera del 1972 si cominciò a giocare con solo quattro squadre di ragazzini, dagli otto anni ai dodici, facendoli incontrare tra di loro.

Ma col passare dei mesi i ragazzi aumentavano sempre più di numero e bisognava attrezzarsi differentemente, per il vestiario e i palloni; cosi ci siamo tassati per far fronte a delle spese, per la sistemazione del campo, per le porte le reti ecc…

Più i giorni passavano più cresceva il numero che si iscrivevano per poter giocare, tanto che dopo due tre mesi le iscrizioni erano circa 200-220. E’ così che e nata l'”Aurora calcio” della Parrocchia San Giuseppe Artigiano.

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Don Lorenzo Osella

I ricordi del 71 “i miei”

lunedì 25 febbraio 2008

 

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Eravamo nel 1971,quando da Torino ci siamo trasferiti in Settimo torinese, io mia mogle e i nostri due figli,Antonio e Maurizio.In quel tempo eravamo assegnatari di un alloggio al villaggio Fiat.Subito ci siamo trovati in dificoltà per mancanza di servizi e svago per i bambini,non solo per i miei anche per tanti atri bimbi .Tanto da pensare di rivolgerci al Parroco del villaggio Don Lorenzo Osella, che ci diede una mano per il campo,il sotto chiesa e il palco ancora in legno. Io è altri papà ci organizzammo per potere far giocare questi ragazzi dopo l’orario del proprio lavoro.Ma non era tanto fattibile perchè si proveniva da realtà diversa ,e cosi un gruppo di sette -otto persone c’impegnammo tanto per la buona riuscita del nostro progetto,così li abbiamo chimati i ragazzi dell’aurora

Auguri Don PISTONE

venerdì 1 febbraio 2008

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Compie 98 anni, è la memoria storica, insieme con altri “vecchi” settimesi, del cambiamento di Settimo dal 1963 in poi, per circa 25 anni.
Ho appreso la notizia dal giornale “Notizie in Comune” del 22 gennaio 2008, arrivato per posta da qualche giorno.
Quest’anno ricorre il 50° di Settimo città, ci saranno numerose manifestazioni, immagino che ci saranno dei personaggi illustri che parleranno e magari hanno scritto di com’è cambiata Settimo in questi cinquant’anni; chissà se l’amministrazione comunale, visto che ricorda Don Pistone nel suo giornale, ha pensato di invitarlo a qualche incontro in cui si parlerà, appunto, del cambiamento di Settimo.
Penso che una persona come Don Pistone, parroco di San Pietro in Vincoli (allora, nel 1963, unica parrocchia a Settimo), che di gente ne ha conosciuta sicuramente tantissima e di tutti i ceti sociali, abbia da raccontare molto e penso anche che sia un modo per esprimere la gratitudine a un personaggio che ha dato molto alla città di Settimo e ai suoi cittadini.

Gianky

Giorno della memoria

martedì 29 gennaio 2008

Per il Giorno della Memoria desidero ricordare lo zio Alberto per le prevaricazioni, le violenze patite, gli orrori visti e subiti per amore della libertà.
Arrestato dai fascisti nel 1944 per aver partecipato ai grandi scioperi di quel periodo a Savona fu inviato a Genova Marassi e dopo alcuni giorni a San Vittore a Milano dove lo destinarono al campo di concentramento di sterminio di Mauthausen in Austria nei pressi di Linz.
Ricordo le disperate corse di mia zia a Genova e Milano, la profonda angoscia di quando non si riuscì a sapere più nulla, la viva preoccupazione di mandare avanti la famiglia (due bimbi, uno in fasce) senza il padre. In un campo ove la sopravvivenza era di circa 3-5 mesi, all’arrivo delle forze Alleate (maggio ’45) lo zio era riuscito a sopravvivere a circa un anno d’inferno. All’estremo delle forze con poche speranze ma con caparbia volontà si era piano, piano ripreso cosicchè fu uno dei pochissimi che riusci a ritornare a casa. Mi disse che la sua sopravvivenza era stata dovuta al fatto che come operaio altamente specializzato era stato destinato a lavorare in una fabbrica di approntamenti bellici vicino a Linz. Sebbene vi fosse uno sfruttamento totale dei deportati, con pesanti orari di lavoro e poco vitto si aveva qualche possibilità in più di vivere. D’altronde vi erano altri pericoli poichè gli Alleati bombardavano incessantemente le fabbriche austriache. Così un giorno la fabbrica venne duramente colpita, lo zio terrorizzato cercò di riparasi, ma la SS che lo sorvegliava gli sparò due colpi andati a segno. Qui però ebbe una fortuna sfacciata nel senso che la contemporanea esplosione di una bomba aerea eliminò la SS, e delle ferite alla gamba sinistra, una era superficiale mentre l’altra aveva trapassato la coscia senza ledere alcun organo vitale. Non so come fece a resistere e mantenere il posto di lavoro ma ci riuscì.

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Ho visitato Mauthausen in una triste giornata di pioggia ma ciò che più mi colpì non furono le camere a gas, nè i forni crematori o la scalinata della morte ma bensì la sinistra entrata con le due torri e la piazzetta dell’adunata tipo “lasciate ogni speranza o voi che entrate”.

L’immondizia.

mercoledì 9 gennaio 2008

In questi giorni nè ho sentite tante di parole buttate al vento “come l’immondizia” buttata per le vie della bella Napoli e in tutta la Campania. Mi ricordo l’anno scorso, trovandomi come è mia consuetudine da quelle parti per assistere allo spettacolo di rai uno (condotto da Corrado Tedeschi e Tosca D’aquino) un ministro intervistato sull’ambiente da Corrado rispose che lui faceva “fatti e non parole”. Oggi vediamo le parole ma i fatti son volati via, l’mmondizia è rimasta. Tutto questo anche colpa della maggioranza dei napoletani e anche degli amministratori locali tanto di sinistra quanto di destra.

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segni di civiltà

Ricordi di un tempo che fu

domenica 11 novembre 2007

Abitavamo a Torino, tuttavia le famiglie di entrambi i genitori e tutto il parentado erano liguri di Savona.Ciò mi poneva in uno stato di vantaggio poichè in quei tempi(1936) in cui pochi se lo potevano permettere avevo la possibilità di andare al mare per lunghi periodi presso i nonni materni. Il nonno, ex sottuficiale dei carabinieri, al tempo del passaporto rosso,aveva lasciato l’Arma si era sposato ed era immigrato in Argentina dove aveva un ottimo lavoro. La nonna, minuta e piccolina, però non riusciva ad adattarsi all’ambiente e si ammalava cosicchè nel 1900 incinta di mia madre rientravano in Italia. Aveva poi avuto altri 6 figli che aveva allevato conducendo la casa con mano ferma ed equilibrata.Non avendone abbastanza si era pure preoccupata di tirare su l’unico nipote. Risiedevano in una grande casa alla periferia di Savona in cui allora non era ancora arrivata la luce.

Io ero felice di trovarmi al mare, tutti i giorni al pomeriggio si partiva in 3-5 bambini accompagnati da una due mamme per andare alla spiaggia. La strada era lunga e qui avevo il primo impatto poichè l’unico che portava le scarpe ero io che provenivo dalla grande città. Ciò mi metteva in imbararazzo poichè loro camminavano rapidi ed io proprio non riuscivo a camminare senza scarpe come loro che le portavano solo alla festa. Al mare si faceva il bagno,poi la merendina ben fornita,dopodicè era proibito rientrare in acqua e quindi si giocava sulla spiaggia. Inutile dire che tutti sapevano nuotare bene meno io e perciò mi davo da fare per portarmi al loro livello.Piano piano incomincia ad imparare, un giorno scoprii che stavo malapena a galla e il giorno dopo mi arrischiai in acqua alta(quella che mi superava in altezza) mal me ne incolse poichè mi spaventai e fermatomi incomincia ad annaspare su e giù e a bere per fortuna che la Milli una bambina del ns. gruppetto più anziana di 2 anni e che sapeva nuotare bene se ne accorse e con poche bracciate mi spostò verso riva ove altri intervennero e mi portarono sulla spiaggia ove espellei l’acqua bevuta. Imparai che non bisogna fare il passo più lungo della gamba.Appresi a nuotare ma mi arrischiai in acque alte solo dopo aver raggiunto una certa sicurezza.

Al ritorno invece del corso Ricci talvolta si prendeva per le “crose” specie di stradette un po più larghe dei caruggi contornate da alti muri con cocci di vetro sulle sommità, dai quali spuntavano alberi da frutta che malgrado richiami e sgridate di chi ci accompagnava ci fornivano un extra di merendina con frutti prelibati.Qualche voltac’era anche il gelato. Alla domenica quando erano a casa gli uomini dal lavoro talvolta ci portavano a pescare in barca polipi ed altri pesci che le donne unitamente a teglie di farinata preparavano per la cena. Tale modo di vivere,felici e contenti, senza soldi cesso nel 194o un pò perche eravamo diventati ragazzi ma soprattutto per la guerra.

Tre giorni dopo la dichiarazione di guerra Savona subì il primo bombardamento navale dell’Italia.Il 14 giugno 1940 una squadra di navi francesi non rilevata aprì il fuoco su Savona dalle 4,26 alle4,48. Erano stati riversati sulla città circa 400 colpi da 203 e altrettanti da 138.I danni furono lievi ma vi erano state 6 vittime e 22 feriti più altre vittime e feriti a Vado..L’impatto sulla popolazione civile fu enorme, si capì subito che questa guerra avrebbe coinvolto anche i civili . Nei giorni seguenti quelli che poterono sfollarono nei dintorni . I nonni andaroni a Cimavalle nei pressi del Santuario. Solo che la guerra doveva durare cinque anni e noi dopo circa dieci giorni con la capitolazione della Francia rientrammo in città pronti a rifugiarsi nelle gallerie del treno sulla deviazione per Torino da sempre in costruzione.

Con il 1940 e la guerra era finito un modo di vivere , avremmo visto solo cose terribili e tristi. Ebbi un breve escursus nel 1941 di cui ricordo lunghe teorie di automezzi e soldati dell’esercito che stazionavano sul Corso Ricci in attesa d’imbarco per la guerra d’Africa verso un’oscuro destino . Molte famiglie, spesso con figli già in guerra, ospitarono per giorni quei soldati. Noi che avevamo la casa grande ci toccarono due giovani ufficiali.

Avrei rivisto il mare solo nel 1945.

I miei “Mi ricordo”. L’incidente

lunedì 27 agosto 2007

Prima di passare ai ricordi di scuola ci sono ancora due o tre episodi che vi voglio raccontare, sempre che lo gradiate. 

L’incidente                                                 
Un giorno della primavera del ’50, seduto sulla canna della bicicletta di mio cugino, in una discesa che andava da piazza Campanella verso la Dora, si staccò la ruota davanti facendoci precipitare a terra, col muso in avanti.

Quel giorno, eravamo andati trovare la cognata di mia madre, la zia Annetta “ magna Neta”, vedova anche lei da poco del fratello di mio padre, lo zio Lorenzo “ barba Cin “.

Abitavano dall’altra parte di Torino, da una periferia all’altra, dalla barriera di Nizza alla borgata Parella.
Per arrivarci bisognava prendere due tram , il 7 e il 22. Quest’ultimo arrivava da via Nicola Fabrizi e faceva capolinea due traverse prima di piazza Campanella, mi pare in via Salabertrand.
Quando svoltava in quella via capivo che ero arrivato perché riconoscevo il caratteristico sferragliare delle ruote sui binari in curva e del motore elettrico che da e toglie potenza alla trazione.

Ebbene ancora oggi, quando mi capita di ascoltare un tram che fa una curva, sia che io vi sia sopra, sia che lo ascolti da terra, mi prende una sorta di nostalgia, rivedo quel capolinea, quella via quasi in campagna con una gran siepe di sambuco proprio davanti alla fermata e mi vien voglia di dire a chi mi è vicino in quel momento “scendiamo che siamo arrivati”.

Ma ritorniamo all’incidente. Mio cugino Dionigi ” Denì” mi invitò a fare un giro sulla sua bicicletta e, come ho già detto, si staccò la ruota davanti e noi, (mio cugino più vecchio di me di nove anni e già allora di una bella stazza) , precipitammo al suolo, io sotto e lui sopra, schiacciandomi ulteriormente  la faccia per terra.

Questo però me lo raccontarono poi. Io ricordo solo il risveglio sotto una fontanella, un “ turet” dove ci avevano trasportati alcune persone caritatevoli che avevano assistito all’incidente e un episodio avvenuto al pronto soccorso di non so quale ospedale, probabilmente il Maria Vittoria , dove evidentemente ci avevano trasportati.

Sono coricato su un lettino, si avvicina un uomo in camice (neanche tanto pulito), mi copre gli occhi con una pezzuola e comincia ad armeggiarmi in bocca. Sento un ago entrarmi nella parte interna del labbro superiore, una, due, tre, quattro, cinque volte.
Una bella cucitura insomma. Non grido, non mi muovo, nemmeno un lamento. Al termine, mi dice “ bravo, sei stato proprio bravissimo, adesso facciamo l’iniezione di antitetanica poi abbiamo finito “.

Al sentire “iniezione” scatta la molla. Comincio ad urlare        ” noo ! L’iniezione no! Non la voglio, voglio andare via“. Mi divincolo, voglio scendere dal lettino e scappare, arrivano altre due persone che mi afferrano al volo e mi risistemano sul lettino, mi tengono fermo e mi fanno scendere i pantaloni.

Non vedo l’uomo dal camice non troppo pulito, il traditore è dietro di me con la siringa pronta, sento il freddo del cotone bagnato d’alcool strofinato sulla natica, mi irrigidisco tutto e poi …. Zac.! L’ago entra e io non ricordo più nulla.

Non ricordo nemmeno se poi mi ha fatto male o no. Strana cosa i ricordi.
Che disastro,  … arrivederci.