I miei “Mi ricordo”. L’incidente

Prima di passare ai ricordi di scuola ci sono ancora due o tre episodi che vi voglio raccontare, sempre che lo gradiate. 

L’incidente                                                 
Un giorno della primavera del ’50, seduto sulla canna della bicicletta di mio cugino, in una discesa che andava da piazza Campanella verso la Dora, si staccò la ruota davanti facendoci precipitare a terra, col muso in avanti.

Quel giorno, eravamo andati trovare la cognata di mia madre, la zia Annetta “ magna Neta”, vedova anche lei da poco del fratello di mio padre, lo zio Lorenzo “ barba Cin “.

Abitavano dall’altra parte di Torino, da una periferia all’altra, dalla barriera di Nizza alla borgata Parella.
Per arrivarci bisognava prendere due tram , il 7 e il 22. Quest’ultimo arrivava da via Nicola Fabrizi e faceva capolinea due traverse prima di piazza Campanella, mi pare in via Salabertrand.
Quando svoltava in quella via capivo che ero arrivato perché riconoscevo il caratteristico sferragliare delle ruote sui binari in curva e del motore elettrico che da e toglie potenza alla trazione.

Ebbene ancora oggi, quando mi capita di ascoltare un tram che fa una curva, sia che io vi sia sopra, sia che lo ascolti da terra, mi prende una sorta di nostalgia, rivedo quel capolinea, quella via quasi in campagna con una gran siepe di sambuco proprio davanti alla fermata e mi vien voglia di dire a chi mi è vicino in quel momento “scendiamo che siamo arrivati”.

Ma ritorniamo all’incidente. Mio cugino Dionigi ” Denì” mi invitò a fare un giro sulla sua bicicletta e, come ho già detto, si staccò la ruota davanti e noi, (mio cugino più vecchio di me di nove anni e già allora di una bella stazza) , precipitammo al suolo, io sotto e lui sopra, schiacciandomi ulteriormente  la faccia per terra.

Questo però me lo raccontarono poi. Io ricordo solo il risveglio sotto una fontanella, un “ turet” dove ci avevano trasportati alcune persone caritatevoli che avevano assistito all’incidente e un episodio avvenuto al pronto soccorso di non so quale ospedale, probabilmente il Maria Vittoria , dove evidentemente ci avevano trasportati.

Sono coricato su un lettino, si avvicina un uomo in camice (neanche tanto pulito), mi copre gli occhi con una pezzuola e comincia ad armeggiarmi in bocca. Sento un ago entrarmi nella parte interna del labbro superiore, una, due, tre, quattro, cinque volte.
Una bella cucitura insomma. Non grido, non mi muovo, nemmeno un lamento. Al termine, mi dice “ bravo, sei stato proprio bravissimo, adesso facciamo l’iniezione di antitetanica poi abbiamo finito “.

Al sentire “iniezione” scatta la molla. Comincio ad urlare        ” noo ! L’iniezione no! Non la voglio, voglio andare via“. Mi divincolo, voglio scendere dal lettino e scappare, arrivano altre due persone che mi afferrano al volo e mi risistemano sul lettino, mi tengono fermo e mi fanno scendere i pantaloni.

Non vedo l’uomo dal camice non troppo pulito, il traditore è dietro di me con la siringa pronta, sento il freddo del cotone bagnato d’alcool strofinato sulla natica, mi irrigidisco tutto e poi …. Zac.! L’ago entra e io non ricordo più nulla.

Non ricordo nemmeno se poi mi ha fatto male o no. Strana cosa i ricordi.
Che disastro,  … arrivederci.

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