“La flagellazione di Cristo” di Piero della Francesca
La flagellazione di Urbino è stata realizzata tra il 1444 e il 1469, ovvero fra l’interruzione dei dipinti di Arezzo. La scena si svolge all’interno di un’architettura classica e rinascimentale, con la scacchiera del pavimento e i cassettoni del soffitto che contribuiscono a dare l’impressione della profondità. Infatti la tavoletta, nonostante le su dimensioni ridotte, mostra grandi spazi grazie all’applicazione magistrale della prospettiva. La luce provenendo da due punti differenti, da sinistra e da destra, illumina anche il riquadro del soffitto sotto cui è collocato il Cristo. La forza straordinaria dell’arte di Piero consiste nell’avere connaturato il colore, che in lui è immediatamente luce, con la forma, fino a fargli assumere valore plastico. Tutta la scena è bloccata ed immobile: tale impressione è accentuata dall’uso di una luce, chiara e diffusa, derivante dal Beato Angelico, ma che di fatto non ha più alcun valore religioso. La composizione è molto equilibrata: all’ambiente chiuso di sinistra corrisponde a destra un ambiente aperto; agli uomini attorno a Cristo corrispondono quelli in primo piano che con molta probabilità sono il cardinale Bessarione, Buonconte da Montefeltro e Giovanni Bacci, caratterizzati da una gestualità “congelata”in una specie di vitalità sospesa. Lavorando a Urbino e Ferrara, Piero della Francesca diffonde i risultati della sua ricerca e allo stesso tempo entra in contatto con gli artisti fiamminghi attivi in quelle corti e da essi apprende le loro tecniche. Piero della Francesca elabora una sintesi tra il rigore prospettico di Paolo Uccello, il plasticismo di Masaccio e, la luminosità chiara e diffusa di Beato Angelico.
Gianfranco D’Angelo