La “Deposizione” di Raffaello

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ll Trasporto di Cristo, più noto con il nome della Deposizione di Raffaello fu dipinto per Atalanta Baglioni in memoria del figlio Grifonetto, ucciso nelle lotte interne per la signoria di Perugia e posto nella chiesa di San Francesco di quella città nel 1507. Qui vi rimase per 101 anni, finché di notte, per intervento del clero locale, il dipinto fu sottratto ed inviato a Paolo V che lo donò al nipote per la collezione di quest’ultimo, inglobandolo in tal modo nel patrimonio privato dei Borghese. In seguito al trattato di Tolentino il dipinto, per volere di Napoleone, fu trasferito nel 1797 a Parigi. Dopo il ritorno a Roma nel 1816, soltanto la scena centrale ritornò alla collezione Borghese, mentre le tre Virtù teologali, Fede, Speranza e Carità della predella rimasero ai Musei Vaticani. Va sottolineato che nel disegno preparatorio l’autore aveva collocato Cristo giacente per terra come nel Perugino, ma durante la realizzazione prevlase l’idea del trasporto alla maniera antica di un rilievo, probabile studio effettuato a Firenze con sarcofago Montalvo (oggi a Milano, coll. Torno). Ma nel dipinto è anche presente un onaggio a Michelangelo risontrabile nella composizione di Cristo (cfr.Pietà, San Pietro) e nella figura che si gira di profilo per sorreggere la Madonna:il movimento è simile a quello descitto nel Tondo Doni (Uffizi, Firenze compiuto un anno prima della Deposizione).   Nei primi decenni del ‘500 Raffaello rappresenta meglio di ogni altro artista il momento classico della civiltà rinascimentale. Il senso della diògnità terrena dell’uomo che aveva già ispirato l’arte del ‘400, acquista una nuova dimensione: viene, cioè, innalzata fino a diventare esaltazione di una umanità ideale, la cui bellezza e forza fisiche diventano espressione perfetta della bellezza e del valore spirituali. I protagonisti della scena in questione da Gesù alla Madonna, dai Santi alla Maddalena, al giovane portatore di profilo, in cui si è voluto ravvisare proprio l’effige di Grifonetto, dai personaggi sacri a quelli profani ( e in altre tele gli spettatori anche i più umili), sono ormai figure ideali, libere e grandi, possenti e dignitose, gravi e poetiche. Stirpe d’eroi di una bellezzza piena e matura: a poco a poco appare indegno dell’arte tutto quanto non sia grandioso. Dall’armlonia dei gesti all’equilibrio interiore tutto contribuisce a creare una umanità perfetta legata al suo ambiente in una commposizione unitaria. Da qui scaturisce la presentazione di un mondo perfetto alla ricerca di una forma altrettanto perfetta di colore, luce, volume, linea che si accordano in una perfetta sintesi. Raffaello va oltre l’imitazione della natura, mira al raggiungimento di una bellezza ideale, di cui la natura non è altro che un riflesso.

Gianfranco

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