I miei “Mi ricordo”. La bicicletta.

 Ho deciso di riprendere ad annoiarvi un po’ con i miei ricordi di bambino. Dopo le estati al mare eccovi la mia prima bicicletta.

Sempre mio nonno, mi regalò la mia prima bicicletta. La comprò a Bordighera e se la caricò sul treno quando venne a trovarci a Torino.
Noi andammo ad aspettarlo alla stazione e non sapevamo della bicicletta, almeno io non lo sapevo, perciò immaginate la mia sorpresa e la mia gioia. Solo che  io non ci sapevo andare, così io e il nonno ce ne tornammo a casa a piedi, da Porta Nuova alla Barriera di Nizza, spingendola a mano.

Questa era una biciclettina adatta alle mie misure, avrò avuto otto anni, ma pesava come se il telaio fosse fatto di tubi pieni. Non era nuova, anzi era decisamente vecchiotta, color rosso ruggine, o forse era solo coperta di ruggine rossa. Sulla ruota davanti, non avendo evidentemente trovato un copertone della misura giusta, avevano montato il copertone di una ruota normale, tagliato, ridotto di diametro, con le estremità accavallate e cucite lateralmente con lo spago. Durante il tragitto dalla stazione a casa, spingendo e inciampando nei pedali, malgrado il “tum-tum” che faceva la ruota davanti quando saltava per la giunta del copertone e la fatica, io ero felice come una Pasqua.

Imparai piano piano ad andarci sopra. Il solo luogo decente per esercitarmi era però il marciapiede, perchè (ricordate?) la via era lastricata di ciottoli della misura variabile tra uova e mele.
Il marciapiede era in leggera discesa e finiva contro una siepe di ligustro che lo sbarrava completamente.

La parte più difficile era scendere dalla bicicletta senza cadere quando decidevo di fermarmi. La bicicletta non era grande, ma io ero più piccolo ancora di lei e i piedi arrivavano a malapena sui pedali.

Qualcuno mi disse che il sistema migliore per scendere era quello di frenare di botto e saltare giù dalla bici scavalcando il tubo.
E così feci! Solo che non tenni conto del fatto che il marciapiede era un po’ in discesa e che, dei freni, funzionava solo quello davanti. Risultato: arrivai alla fine del marciapiede un po’ troppo veloce, frenai con tutta la forza che avevo, la bicicletta si impennò sollevando la ruota posteriore e mi scaraventò dentro la siepe.
Nulla di rotto, se non il mio orgoglio! Anche perchè quel disgraziato che mi aveva consigliato quel metodo di fermata, si stava rotolando a terra sbellicandosi dalle risate.

Non mi arresi, naturalmente,.. ma questa è un’altra storia. Arrivederci.

1 Commento a “I miei “Mi ricordo”. La bicicletta.”

  1. graziella scrive:

    …..forse però questo episodio ti portò a valutare bene i consigli altrui prima di metterli in atto, il che è un ottimo insegnamento.
    Un saluto

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